Nuvole scure salgono dal monte Nieddu e dal Limbara, accumulandosi sul fronte di terra, alle spalle della bianca casa, e una morbida coltre color cenere ricopre il cielo e si specchia in un mare immobile, livido, in attesa dell'acqua del cielo che vivifica il mondo. Tutto è fermo, il vento trattiene il suo fiato odoroso, perché le gocciole di vita possano rigenerare la terra. Io guardo, tornata piccina, come quando, mentre già pioveva, afferrato il kway rosso, giù a rotoloni in spiaggia per fare il bagno perché l'acqua era un brodo e sguazzarci dentro come ritornar nel ventre materno.
"I fulmini, attenti ai fulmini!", strillava la Mimma affacciandosi, in parannanza bianca, sulla sommità delle scale, asciugandosi le mani madide di pioggia o di bucato. Noi, orecchie chiuse, risate, corse, le gocce sul naso a scender fin sulle labbra piene di giovinezza. Altri tempi, sospiro, mentre Tigre, il gatto randagio divenuto domestico, mi sta acciambellato accanto, sul morbido suo cuscinetto rosa. Sì, altri tempi. Odo le grida che vengono dabbasso. Risate, schiamazzi. rumori. Altri hanno preso il nostro posto ed è così che deve andare. Un altro tempo nel tempo. Ecco, ho scritto, e basta ora non resta che metter su una foto di Tigre che piacerà, lo so, a tutti quanti...
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